Tolkien, la tentazione e la speranza nel tempo del deserto

Cari fratelli e care sorelle tolkieniani,

sento sempre più in questi giorni come io stia vivendo il tempo del deserto. Parlo di me perché voglio partire dalla mia esperienza personale. Ogni giorno in più di questa quarantena è un ulteriore peso che si aggrava sul mio animo, perché mentre io sono chiuso in casa so di persone che vivono esperienze traumatiche al limite della resistenza e della sopportazione umane: medici e infermieri che vedono morire delle persone alla ricerca dei propri cari, nell’impossibilità dell’ultimo saluto nonché di ricevere degne esequie, mentre loro stessi come soldati vengono mandati sul campo di battaglia senza avere nemmeno le armi per combattere.

Questo è il tempo della prova per noi tutti. Questo è il tempo del deserto. Biblicamente è la Quaresima, i quaranta giorni di Cristo nel deserto, Tolkienianamente è Mordor: più che un luogo fisico, è un tempo che si distende nelle ore e nei giorni, che ci tenta e ci mette alla prova, come accaduto a Sam, a Frodo, a Boromir, a tutti i membri della Compagnia dell’Anello. Noi siamo la Compagnia dell’Anello, che oggi è sciolta e che per sopravvivere deve rimanere fedele al suo proposito. Fedele a sé stessa.

Ciascuno di noi sta vivendo le sue tentazioni. Trasgredire alle regole, disperarsi, sentirsi soli e desolati, arrabbiarsi con sé stessi e con il mondo, arrendersi… non so in quanti modi questo deserto, questa Mordor stia tentando ciascuno di voi. Probabilmente la paura e la disperazione sono le due tentazioni più grandi che ora come ora attanagliano il cuore di noi italiani, come anche la rabbia di vedere troppo poche misure prese contro questo attacco di un nemico invisibile e la tristezza nel vedere che i nostri fratelli in Europa e nel mondo non stanno seguendo il nostro esempio nel proteggere adeguatamente la loro popolazione, compiendo invece, passo passo, i nostri stessi errori.

Inoltre, non sappiamo cosa ne sarà del nostro tempo, della nostra Italia, della nostra Europa, degli Stati Uniti che dovranno cambiare per forza il loro modo di pensare lo Stato e il sistema sanitario nazionale per far fronte all’epidemia… non sappiamo cosa ne sarà del mondo così come lo conosciamo, dei suoi regolamenti, dei suoi funzionamenti che credevamo stabili, né riusciamo a sentire fiducia (per lo meno non io) nel fatto che nascerà un mondo rinnovato, migliore, educato da questa grande crisi, peggiore che non quella finanziaria del 2008-2009.

Siamo in preda a sentimenti molto simili, se non gli stessi, che Tolkien descrive nelle sue opere e nelle Lettere a riguardo della Terra di Mezzo. Penso ad esempio alle riflessioni degli Elfi sulla perdita della bellezza e del tempo che fugge portando via con sé tutto quanto: ricordiamo l’inesorabilità con cui Galadriel ci parla della fine della Terza Era. Poco importa per gli Elfi, in fondo, che Frodo riesca o meno nella sua Missione, poiché in ogni caso essi verranno spazzati via, che sia Sauron a distruggerli o solo il passare delle Ere. Un altro esempio proviene dalle considerazioni di Tolkien sul nostro mondo, quando ne parla come di un mondo Caduto: come è inesorabile la fine degli Elfi, così anche il male lo è. Può essere sconfitto, ma non potrà mai essere del tutto fermato. Non qui, non oggi, non da noi.

Questo è il modo in cui Tolkien descrive il deserto, che possiamo chiamare Quaresima, Mordor, quarantena o reparto di terapia intensiva. Tolkien non è uno scrittore attuale: è sempre attuale, cosa ben diversa, perché è universale, è umano, parla di noi, così come siamo e sempre saremo. Tolkien è un autore eterno, molto più di un semplice classico della letteratura. I classici rappresentano un’epoca, una cultura, un modo di pensare, ma Tolkien non ritorna sempre per questo: egli ritorna continuamente a noi perché ciò di cui parla è intramontabile, essendo vero.

Ma, così come dopo la Quaresima viene la Pasqua, lo stesso Tolkien è convinto che in fondo il male, l’Ombra, non sia che una cosa passeggera, perché ancor più inesorabile della Caduta è la Speranza. La Speranza in Tolkien risiede anzitutto nel fatto che un solo atto di amore sia sufficiente a redimere tutta una vita, come accaduto a Boromir, o che la Pietà possa vincere l’invincibile, come è il caso di Frodo e dell’Anello.

La Speranza è la cifra attraverso cui noi tutti dobbiamo prepararci a vivere il tempo futuro, oltre che affrontare il presente. Anche se non è facile vedere le stelle oltre il manto delle nere nubi di Mordor, anche noi, come Sam, dobbiamo provarci. Per questo abbiamo organizzato sulla nostra radio La Voce di Arda (link: https://www.spreaker.com/user/simoneclaudiani) una puntata speciale sulla Speranza mercoledì primo aprile alle 21. Percorreremo un cammino entro cui due care ospiti e amiche ci accompagneranno, Martina de Nicola e Chiara Nejrotti. A loro il compito di mostrarci la luce oltre l’oscurità. Anche io e Simone tenteremo di dare il nostro meglio in radio.

Nel frattempo, tanti auguri a tutti. E coraggio.

Aure entuluva!

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