Quello che seguirà non è un articolo di critica che va a rintracciare dove Tolkien parla di epidemie nei suoi scritti, al fine di interpretare il testo alla luce di questo punto di vista che la realtà oggi ci propone con forza. L’articolo che seguirà è un articolo che non potevo non scrivere: una riflessione personale tramite cui vorrei condividere i miei pensieri con tutti voi.
Questo nuovo virus ci sta mettendo in grave difficoltà, io credo per tanti motivi. Non solo il nostro corpo non ha le difese immunitarie per combatterlo, non solo i nostri ospedali non sono, non potevano, essere preparati ad assorbire senza difficoltà questa emergenza, ma era proprio il nostro spirito che non era pronto a reggere l’urto di tante difficoltà, tanti disagi e tante sorprese. A me ad esempio non è stato di aiuto navigare a vista in questi giorni: non sapere mai cosa verrà non solo il giorno dopo, ma nell’ora seguente, ha provato molto il mio animo. Dubbi, incertezze, speranze disilluse, tristezza e sofferenza mi hanno molto logorato, nonché la lontananza di tanti amici e persone care.
Il mio pensiero e la mia preoccupazione vanno per primi a coloro che stanno subendo il grosso dell’ondata virale lì nelle regioni e nelle province dove sembra che ormai tanti non verranno più nemmeno curati per assenza di macchine respiratorie. Non so, cari amici, se ci rendiamo conto del grande problema, che è non solo medico-organizzativo, ma anche etico che si prospetta a tutti noi. A tutti. La prevenzione e la cura servono a questo, a non arrivare a queste situazioni critiche e di grande dolore in cui delle persone muoiono perché non si possono curare. Dobbiamo renderci tutti conto della profonda drammaticità e tristezza del momento.
Tolkien vi avrebbe visto in questo una tragedia umana immensa, grande come le tragedie greche che aveva studiato e rappresentato da ragazzo alla King Edward’s School, dove numerose volte i protagonisti debbono scegliere tra due mali. In questo caso bisogna scegliere se curare chi arriva facendo decidere al caso chi vive e chi muore ma salvare meno persone, o essere i giudici di chi deve vivere e chi deve morire salvando però più vite, ma prendendosi sulla coscienza un peso e una responsabilità immani.
Per seconde nelle mie riflessioni, ma non in secondo piano, metto tutte quelle persone che stanno subendo il virus senza ammalarsi e senza stare nelle zone apparentemente più a rischio. Mentre alcuni potrebbero morire corporalmente, altri sono in una situazione tale da poter subire danni psicologici tali da aprire ferite anche nello spirito, tanto da portarlo alla morte.
Con “spirito” non intendo un’entità metafisica o religiosa, ma quella parte di noi più alta e più profonda che, ad esempio, è nutrita dalla letteratura e dalla filosofia, che si esprime tramite i componimenti poetici ed i più bei contenuti della prosa. Lo spirito è quella parte di noi che è appassionata di Tolkien: noi tolkieniani siamo tali non nel corpo, ma nello spirito. Non è la mano che regge il libro ad essere tolkieniana, non è l’occhio che permette alla parola di essere letta, ma è lo spirito ad essere tolkieniano.
La situazione in Italia è molto seria in tutti questi sensi: sia per le persone che rischiano la vita, che per le persone che rischiano invece lo spirito. Può essere e sarà per noi un tempo di grande cambiamento: un’opportunità per essere persone migliori e riscoprirsi tali, o per tirare fuori la nostra natura bestiale, che si chiami spirito di sopravvivenza ed imprima nel nostro animo asprezza, durezza, mancanza di carità e di compassione per coloro che scompaiono. Non dimentichiamo che fu la compassione a salvare gli Hobbit, secondo Gandalf, durante il Grande Inverno in cui anche i lupi scesero dal nord e vi fu una carestia nella Contea.
Ecco secondo me il grande punto. Quest’oggi è il momento di riscoprire i pilastri tolkieniani dell’umano, di ciò che ci rende persone, uomini e donne. Il mio carissimo amico Dante Valletta mi ha, ci ha lasciato questo grande insegnamento: che nella vita di ognuno di noi sono sei i grandi pilastri che reggono tutto: fede, speranza, carità, umiltà, pietà e ragione.
La fede è la nostra capacità di aggrapparci a qualcosa, come la consapevolezza che a questo mondo c’è del buono e che per esso è giusto combattere (per citare il Sam del film di Peter Jackson). La speranza sta nella nostra attesa e nella consapevolezza che il soccorso verrà, poiché essa non risiede in noi, ma nell’Ovest. La carità è la capacità del nostro sguardo di rimanere puro: non odiamo e non abbiamo paura delle altre persone, non temiamo il contagio. Se qualcuno ha bisogno di noi avviciniamoci e abbracciamolo, anche se le regole non lo consentirebbero. La carità non vuole che non seguiamo le regole e che facciamo di testa nostra, tutt’altro: ci dice anzi di rispettarle, ma fino a che facciamo del bene, e non quando quelle regole diventano una catena che ci impedisce di essere umani.
L’umiltà, la piccolezza degli Hobbit, la loro semplicità… io penso che tante chiacchiere da bar si possano fare su quello che ci sta succedendo. Possiamo mandare tanti audio di tante persone diverse che siano sia allarmisti che riduzionisti della situazione. Ma facciamo attenzione a non perdere la nostra umiltà e a non dimenticarci che siamo solo piccole creature in un mondo molto più vasto in cui ben altri poteri sono all’opera, e che è più importante non dimenticare chi ci è accanto che non parlare di chi ha preso decisioni su cui noi non abbiamo influenza alcuna. Sfoghiamoci, ma rimaniamo piccoli, semplici, umili, non disperdiamoci nelle troppe informazioni rischiando di perdere noi stessi e la bussola.
La pietà anche è molto importante, sempre. La Pietà di Bilbo, Sam, Frodo… non dimentichiamoci che ha salvato la Terra di Mezzo. Abbiamo dunque pietà dei nostri fratelli che fuggono dal nord per tornare a casa nel sud. Abbiamo pietà di chi fugge o sfugge alle regole. Abbiamo pietà di chi non fa o non riesce a fare attenzione alle normative. Abbiamo pietà e non chiamiamo nessuno “untore”. A me sembra una cosa tanto brutta da fare, e che ci disumanizza. Anche di fronte a comportamenti poco condivisibili, non perdiamo la pietà e perdoniamo. Riprendiamo quella o quelle persone gentilmente, perché il perdono e l’ascolto sono cure più forti di qualunque farmaco antivirale e sono il miglior vaccino per la nostra interiorità.
Infine la ragione, che deve guidarci lungo questo percorso accidentato di ricerca e di comprensione della realtà. Se conosciamo qualcuno in difficoltà, è ragionevole che lo aiutiamo, come è ragionevole tanto lavarsi le mani, tenere il metro di distanza, fare attenzione ai nostri piccoli e ai nostri anziani e ai malati, e continuare ad amare senza avere paura di fare gesti di affetto nei confronti dei bisognosi, senza trattare gli altri come infetti, o come untori. Attenzione senza angoscia, rispetto senza paranoia. La ragione ci dice che dobbiamo rispettare le regole e chiedere agli altri di rispettarle a loro volta, ma non al costo di perdere la nostra umanità: non esiste giustizia senza misericordia.
Cos’è dunque che deve guidarci in tutto questo, nel marasma delle informazioni, dei regolamenti, delle necessità quotidiane e delle difficoltà che incontriamo e che dobbiamo risolvere, dentro e fuori di noi? La coscienza. Essa è quella luce gentile che ci guida con dolcezza dall’interno, e che ci dice che “nel dubbio, un uomo di valore avrà fiducia nella propria saggezza” (SdA, Il Re del Palazzo d’Oro).
Oltre a tutto questo, in conclusione, non smettiamo di starci vicini, almeno attraverso i social e i testi tolkieniani. Apprezziamo sempre più i nostri amici e le persone che ci vogliono bene. Stringiamoci l’un l’altro come una grande Compagnia dell’Anello, anche se portiamo i guanti e le mascherine. Leggiamo Tolkien, che potrebbe esserci di giovamento oggi più che mai. Rimaniamo in famiglia e pur distanti gli uni dagli altri nella certezza che qui od oltre le mura del mondo, per tutti, “Aure entuluva! Il giorno risorgerà!” e ritorneremo ad abbracciarci come fratelli e sorelle.
Riscopriamo dunque il Professore al tempo del coronavirus. Forse capiremo cose che prima ci erano nascoste. Mando un abbraccio a tutti, in modo particolare agli amici e alle amiche che mi mancano tanto e che stanno in zona rossa. Voi fate lo stesso. Auguro a tutti di superare questo tempo di prova.
Coraggio.
Aure entuluva!
Ci sentiamo venerdì sera in diretta sulla Radio la Voce di Arda (link https://www.spreaker.com/user/simoneclaudiani) alle 21 con la puntata con Kelo sulle poesie di Tolkien. Cercheremo di fare in modo che il Professore porti a tutti noi un po’ di conforto.
EDIT: alla luce delle dichiarazioni della serata stessa in cui ho scritto questo articolo, 9 marzo 2020, oggi, 10 marzo, devo giusto correggere una cosa dicendo che, ormai, siamo tutti in zona rossa. Come avevo detto, la situazione nel nostro paese, l’Italia, cambia di ora in ora. Faccio dunque i miei migliori auguri ai miei confratelli e consorelle connazionali, nonché a tutti gli Europei e a tutti i paesi del mondo. Questa grande crisi passerà, ma non dimentichiamo che sta a noi decidere come superarla. La scelta sulla nostra persona dipende solo da noi. La coscienza sia la nostra guida. Aure entuluva!
Un articolo splendido: vorrei che lo leggessero tutti quelli che conosco (e anche quelli che non conosco). Grazie, Giuseppe
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Grazie!!
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